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Nel giudice non conta l’intelligenza, la quale basta che sia normale per poter arrivare a capire, come incarnazione dell’omo medio, quod omnes intellegunt: conta soprattutto la superiorità morale, la quale deve essere tanta da far sì che il giudice possa perdonare all’avvocato di essere più intelligente di lui.
Il buon giudice mette lo stesso scrupolo nel giudicare tutte le cause, anche le più umili; egli sa che non esistono grandi cause e piccole case, perché l’ingiustizia non è come quei veleni di cui certa medicina afferma che presi in grandi dosi uccidono, ma presi in piccole dosi risanano. La ingiustizia avvelena anche in dosi omeopatiche.

(Piero Calamandrei, “Elogio dei giudici scritto da un avvocato”, 1935)