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A me sembra che nell’ultimo quarto di secolo in Italia non vi sia stato un cambiamento sostanziale. La società si va apparentemente evolvendo verso un tipo di società americana, con la tendenza ad assorbirne più i difetti che i pregi: vedi, per esempio, il cattivo impiego del tempo libero, la scarsa partecipazione ai grossi problemi sociali che vengono strumentalizzati soltanto dai partiti politici. Forse il risultato più notevole è la caduta di molti pregiudizi e di molti tabù, che ha permesso lo sviluppo di una gioventù tutto sommato più piacevole di quella della mia generazione, e comunque meno legata ai miti dell’obbedienza, del dovere e del sacrificio obbligatorio. A noi, della nostra generazione, hanno sempre chiesto di fare qualcosa per qualcuno, mai per noi stessi; ed è per questo che io guardo indietro alla mia giovinezza con un certo astio. Vorrei soltanto che Dio, o chi ne fa le veci, tenga lontano da questo paese un sistema politico che ci costringa daccapo a credere, a obbedire e a combattere, o a essere “migliori” di quello che siamo.

(Ennio Flaiano, “Don’t Forget”, 1967/72)