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06Feb2012
“Proprio così, non si sa dove si va a finire,” continuava a brontolare il grassone. “Io dico che è il paese che va in rovina, sussidi o no.” Il predicatore disse: “Io ho girato molto. Dappertutto è la stessa storia. Non si sente altro: dove si va, dove si va? Ma perché voler sapere dove, dico io. L’essenziale è di andare. Di muoversi. Dove, non importa. Adesso si direbbe che tutto il mondo stia traslocando. Perché trasloca la gente? Perché va in cerca di condizioni migliori di quelle in cui è. Per trovarle, è costretta a traslocare, a muoversi; a muoversi finché le trova. I torti che riceve, le ingiustizie che subisce, tutto questo è tollerabile, finché conserva la speranza di sistemarsi altrove.” “Sì, sì, capisco,” ripeteva cocciuto il grassone, “ma di questo passo dove si va, domando io, dove si va? E’ questo che vorrei sapere.” Tom perdette la pazienza. “E questo non lo saprete mai. Il mio amico qui cercava appunto di spiegarvi, e voi continuate a insistere nel vostro ritornello. Li conosco i tipi come voi. Non fanno che lagnarsi, piagnucolare, ma non muoverebbero un dito per studiare un rimedio. La gente crepa di fame e nessuno si ribella. Tra poco vai in malora anche te, sta’ tranquillo, col tuo ‘dove si va, dove si va’. Tutti una massa di vigliacchi, che per calmare la paura canta la stessa nenia per addormentarsi.”
(John Steinbeck, “Furore”, 1939)