-
03Feb2012
Negli anni cruciali il fatto che il Partito non era un corpo ereditario costituì un fattore importante per neutralizzare l’opposizione. Il vecchio tipo di socialista cui era stato insegnato a combattere contro qualcosa che veniva chiamato “privilegio di classe” tenne per certo che tutto ciò che non è ereditario non è, del pari, permanente, così come non si accorse che la continuità di una oligarchia non ha bisogno di essere una continuità fisica, né si soffermò a riflettere che tutte le aristocrazie ereditarie hanno sempre avuto vita breve, nel mentre che le organizzazioni di tipo adottivo, come ad esempio la Chiesa Cattolica, sono durate per centinaia ed anzi, per migliaia di anni.
L’essenza che regola l’oligarchia non è l’eredità trasmessa di padre in figlio, bensì la sopravvivenza di una determinata concezione del mondo e di determinate abitudini di vita imposte dai morti ai vivi. Una classe dirigente continua ad essere tale soltanto fino a quando è in grado di nominare i propri successori. Il Partito non si preoccupa di perpetuare una linea di discendenza sanguigna, ma di perpetuare se stesso. Chi controlli il potere non ha nessuna importanza, ove la struttura gerarchica rimanga inalterata.
Tutte le fedi, i costumi, i gusti, le emozioni, gli atteggiamenti mentali che caratterizzano in nostro tempo, hanno lo scopo effettivo di sostenere la mistica del Partito e di impedire che la vera natura della società contemporanea appaia nella sua realtà. Una rivolta materiale, così come ogni mossa preliminare che conduca a tale rivolta, è al presente praticamente impossibile.
Dai prolet non c’è nulla da temere. Lasciati a se stessi, essi continueranno di generazione in generazione, e di secolo in secolo, a lavorare, a generare e a morire non solo senza provare mai alcun impulso alla rivolta, ma soprattutto senza la possibilità di intendere che il mondo potrebbe anche essere diverso da quello che è.
(George Orwell, “1984”, 1948)