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03Feb2012
Poiché le cose andavano male e se ne parlava, e tutti a destra e a sinistra la desideravano, un giorno ci svegliammo con la dittatura.
In attesa di sapere che colore avrebbe preso, ci fu una riunione. I dittatori in realtà erano due, ognuno pronto a divorare l’altro, ma si facevano gran sorrisi. I problemi da risolvere erano vari e complessi, e impellenti.
“Prima di tutto,” disse il Dittatore n°1 “non possiamo esaminare nessun problema se non sappiamo chi è il nostro Nemico!” L’altro annuì.
Gli rispose un ministro: “Fortunatamente, non abbiamo nemici. E anche l’economia è solida. La crisi è filosofica. Urgono provvedimenti filosofici.”
“Da oggi la Filosofia siamo noi!” disse il Dittatore n° 1 “E riteniamo che un nemico è indispensabile. Anzi, uno interno e uno esterno. Quello interno l’abbiamo già, sono coloro che non ci applaudiranno. Quello esterno, per ora, è il nostro vicino. Da questo momento i giovani debbono odiarlo e disprezzarlo: per la rilassatezza dei suoi costumi, per la sua scarsa virilità, perché non è retto da una dittatura. Si facciano subito manifestazioni di piazza contro questo Nemico, e manovre militare alle frontiere. Si costruiscano navi e cannoni, ponendoli come alternativa democratica al burro. E adesso vediamo i problemi”.
Presero un foglio e lo esaminarono. Il Dittatore n° 2 cominciò: “Gli scioperi? Nazionalizzarli. Gli studenti? Inquadrarli col pre-salario. Gli intellettuali? Idem, col post-salario. I dissenzienti? Ammonirli. La crisi dei partiti? Il parlamentarismo è finito, finita dunque la crisi dei partiti e anche la crisi delle correnti dei partiti. La democrazia? Siamo noi, a tutti gli effetti. Resta da trovare la’ggettivo che migliori il sostantivo…”.
“Ma per questo” interruppe il Dittatore n° 1 “aspettiamo a vedere che piega prendono gli avvenimenti. Non mettiamo il carro dello Stato davanti ai buoi”. Tutti risero.
“La crisi del turismo?” riprese il Dittatore n° 2. “Ritirare i passaporti per favorire il turismo interno. La riforma burocratica? Aumentare i burocrati, fino alla Piena Burocrazia”.
“Tutti statali, nessuno statale!” aggiunse il Dittatore n° 1 “Ma terrorizzarli con la diminuzione degli stipendi. Quanto al ritardo dei treni, io e il mio collega siamo d’accordo nel modificare gli orari, elasticizzandoli… Vedo qui altri problemi minori. Venezia da salvare. Dichiariamola fuori pericolo. Il divorzio? Ribadire l’indissolubilità dell’adulterio. L’edilizia ristagna? Distruggere i centri storici e rifarli. I parchi nazionali in rovina? Lottizziamoli. I porti diventano angusti? Restringiamo le navi…”.
“I telefoni non funzionano?” continuò il Dittatore n° 2. “Mettiamoli sotto controllo. La montagna si spopola? Popoliamola di confinati politici. Si inquinano le acque? Si beva più vino, e con ciò risolveremo anche il problema n° 16: la crisi vinicola. Le frodi alimentari? Spariranno, penso, con la istituzione delle tessere alimentari, assieme agli alimenti”.
“Giusto!” disse il Dittatore n° 1. “Gli ortofrutticoli protestano? Affidarli alla Mafia. E la Mafia? Corromperla. E lo Stato arteriosclerotico? Divinizzarlo. Il traffico paralizza la città? Potenziarlo”. Sorrise e continuò: “Se il mio collega mi permette un aforisma, dirò che oggi il successo di ogni rivoluzione, e quindi di ogni dittatura, è condizionato alla paura dell’automobilista. E’ pericoloso toccare l’automobile. Quand la voiture va, tout va”.
Ci furono altri applausi. Il Dittatore n° 1 si fece serio e riprese: “L’educazione sessuale? Sì, ma l’erotismo sia nazionale. L’erotismo sta diventando un’industria, che potrà dare allo Stato un apporto economico non indifferente. Considerarlo ancora come un’attività privata è voler negare il suo carattere sociale e collettivo. Ormai attorno all’erotismo e per l’erotismo, grazie alla pornografia, è tutto un fiorire d’iniziative che vanno dall’editoria speciale all’aumentata richiesta di posti-letto negli alberghi, argomento questo che si ricollega al problema del turismo. Non parliamo del cinema, che per primo ha capito i nuovi tempi. Io propongo la nazionalizzazione totale”.
“E il problema sanitario? Gli ospedali?” domandò un ministro.
“Il nostro popolo è fondamentalmente sano!” rispose il Dittatore n° 1. Ci furono applausi prolungati.
“La Giustizia è lenta?” riprese “Acceleriamo l’ingiustizia. Il costo della vita aumenta? Aumentare anche la tassazione diretta, anzi istituire la Scala Mobile del Fisco. Le alluvioni? Ignorarle. Le frane? Disprezzarle. I terremoti? Attribuirli alla geologia. La scuola? Lasciarla aperta a tutte le innovazioni fino a disgustarne gli scolari…”.
“Ma non abolirla.” Interruppe il Dittatore n° 2. “Abbiamo bisogno di otto milioni di dottori”.
Dopo gli applausi, il Dittatore n° 1 continuò: “Resta l’aumento della criminalità. Attenueremo le statistiche. Il Mezzogiorno? Visitarlo spesso. La disoccupazione? Distrarla. E mi sembra che non ci sia altro. Ah, dimenticavo la stampa. Allinearla, censurarla, abolirla, secondo i casi”.
“Ma i giovani vorranno questa libertà” osservò un ministro.
I due dittatori si consultarono e risposero insieme: “Scrivete sui muri con vernici indelebili: LA LIBERTà PORTA ALLA NOIA E LA NOIA ALLA DITTATURA. E LA DITTATURA è QUELLA CHE è…”.
(Ennio Flaiano, dal corriere della Sera del 1 maggio 1969)