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Ho lasciato molte cose, a Buenos Aires. Per la fretta o la malasorte, nessuno sa dove sono andate a finire. Me ne andai con un po’ di vestiti e un pugno di carte. Non mi lamento. Con tante persone perdute, piangere per le cose sarebbe come mancare di rispetto al dolore. Vita gitana. Le cose mi accompagnano e se ne vanno: di notte sono con me, di giorno le ho già perse. Non sono coinvolto dalle cose; loro non decidono niente. Quando mi separai da Graciela, lasciai la casa di Montevideo intatta. Rimasero lì le conchiglie cubane e le spade cinesi, gli arazzi del Guatemala, i dischi e i libri e tutto il resto. Portarmi via qualcosa sarebbe stata una truffa. Tutto apparteneva a lei, tempo condiviso, tempo gradito. E mi misi in cammino, verso il non conosciuto, pulito e senza peso. La memoria conserverà ciò che valga la pena. La memoria sa di me più di quanto sappia io e non perde ciò che merita di essere salvato. Febbre delle mie interiora: le città e la gente, staccatesi dalla memoria, navigano fino a me: terra dove nacqui, figli che ho generato, uomini e donne che mi rinforzarono l’anima.

(Eduardo Galeano, 1976)